Inked Art
Niente disegni all'ultima moda, ma opere in armonia con i proprio corpo. Parola del noto tatuatore romano
Linee che scorrono sulla pelle, si adattano al corpo, ne diventano un tutt'uno.
Come lo specchio rimanda un'immagine, i tatuaggi devono riflettere le emozioni di chi li indossa.
“Non amo quei disegni stampati addosso, simili ad adesivi, perché ogni centimetro di pelle ha un suo valore e non va sprecato. Amo più il corpo del tattoo stesso. Se mi prendo la responsabilità di farci un segno sopra, cerco di realizzarlo nel massimo rispetto, non per seguire la moda”.
La pensa così Francesco Cinti Piredda, il tatuatore scelto da volti noti come Francesco Totti, Ilary Blasi, Roberto Saviano, Primo Reggiani e Ivan Zaytsev, lo zar della pallavolo rivelazione di rio 2016.
“Così come le persone che lo indossano, ogni disegno deve avere il suo carattere. Alla stregua di un sarto che cuce un vestito su misura, un artista deve essere capace di creare qualcosa di speciale, di unico”, prosegue.
“Ma il corpo è sacro, degno di riguardo e io, per certi versi lo danneggio. Proprio per questo faccio in modo di rispettare ed esaltare le sue linee, affinché il danno risulti esteticamente interessante e, tutto sommato, una miglioria”.
Nello studio romano Unopercento, a Testaccio, le sedute sono sempre a tarda sera, spesso durano tutta la notte. Sono le ore, infatti, in cui cala il silenzio, cessano rumori e distrazioni e i cliente stesso ha modo di rilassarsi allontanando pensieri e preoccupazioni. È in quel momento che si crea un legame empatico con l'artista, un rapporto di fiducia durevole. Perché ogni seduta non è solo un appuntamento, ma un percorso che nasce con la preparazione dell' epidermide una settimana prima e proswgue nei giorni successivi con indicazioni ben precise da seguire. L'intesa, poi, non si conclude con la fine dell'opera. Come quella tra due persone che, pur non essendo amiche, hanno condiviso un'esperienza profonda.
“Ogni cliente usa me, la mia mano, il mio inchiostro per raccontare una storia, io lo aiuto solo ad esprimersi, a esternare queste emozioni attraverso la mia arte. Qualche anno fa venne nel mio studio una ragazza intenzionata a farsi un tatuaggio. Abbiamo riflettuto a lungo sul soggetto, poi le ho fatto un disegno con dei pennarelli speciali sul braccio e l'ho mandata allo specchio. Era soddisfatta, le piaceva. Eppure ho intuito una lontana, remota, indecisione. Le ho consigliato di andare a casa e pensarci su. Se fosse tornata le avrei regalato io il disegno, a patto che ne fosse stata profondamente convinta. Ha deciso di non farlo più, ma è rivenuta tante volte accompagnando degli amici”.
Uno stile, il suo, che si ama o si odia, non esistono mezze misure e forse è proprio questa la caratteristica che lo ha reso famoso in tutto il mondo.
“Una sera, stavo chiudendo lo studio, era davvero tardi, quando ricevo la telefonata che mi annuncia l'arrivo di due clienti d'eccezione. Dopo circa un'ora un corteo di macchine avanza nel cuore di Testaccio e si ferma davanti alla mia vetrina. Scendono due ragazze accompagnate da una decina di persone, tra assistenti e bodyguard. Erano le figlie di uno sceicco arabo. Non so come abbiano avuto il mio nominativo, ma è stata una bella soddisfazione”. Le loro richieste? Top secret.
Janina Landau